Qualche giorno fa mi è successo di andare a Ciampino per riconsegnare il furgone noleggiato per trasportare gli ultimi mobili che avevo lasciato a Milano. Arrivato alla ribalta della società in questione mi metto in fila paziente perché l’addetta sta discutendo con un altro cliente, piuttosto vivacemente. Lei è professionale, lui apparentemente dimesso: indossa un giubbottino rosso da trekking, e porta anche uno zainetto dello stesso colore. Immagino si tratti di qualcuno alle prese con qualcosa di simile a quello con cui ho avuto a che fare io, e anche il problema finale mi sembra lo stesso: il rimborso per la benzina contenuta nel furgone, che è di rimanenza diversa rispetto a quella iniziale. La discussione si fa sempre più accesa e il tipo dismette via via il suo essere sommesso, e allora orecchio con discrezione interessata, e quando lui si volta lo vedo anche in faccia. La sorpresa è grande: davanti a me si trova (solo del tutto sbarbato rispetto all’originale più diffuso) nientepòpoòdimeno che Luigi Lusi, il senatore (cacciato) del Pd ed ex tesoriere della Margherita che ha svuotato letteralmente le casse del partito (dei due partiti) di tutti i fondi e rimborsi elettorali – quindi anche soldi mie e nostri – per farli sparire chissà dove, non prima di aver comperato e impreziosito con mobili di gran lusso ville (una in Canada, valore stimato di 3 milioni di euro), ed essersi rimpinzato nei ristoranti del genere-generone romano di prelibatezze gastronomiche a botte di 300 euro alla volta (spaghetti ai ricci di mare per due: ci sta, che diamine!): si parla di milioni e milioni di euro, e quelli che ho fatto solo due esempi di dove sono andati (anche) a finire i soldi rubati, i primi che mi sono venuti in mente.
Nel crescendo di tono sento che l’onorevole-diventato-riccone-grazie-al-denaro-altrui dice, anche: “No, è il suo collega ad essersi sbagliato nella scheda di consegna, io ho rimesso la stessa quantità di benzina e non pagherò un euro di più”. La signorina, molto paziente, rilancia dicendo che non è possibile, anche perché la scheda è stata controfirmata dal cliente (cioè Lusi stesso), e che quindi errori non ce ne possono essere. Il nostro eroe però non demorde, e promette anche sfracelli legali, visto che, declama almeno un paio di volte, è “un avvocato”. Evita, forse per eccesso di modestia, di aggiungere “lei non sa chi sono io”, immagino pure per decenza e anche forse perché si è voltato e ha notato la mia faccia sorpresa e irridente, e realizza di essere stato riconosciuto. E’ con questo tono minaccioso che a questo punto Maramaldo-Lusi risale sulla sua macchina, parcheggiata due posti più in là, dove ha già trovato posto una donna: azzardo mentalmente possa essere la moglie (di origini italiane, ma di passaporto canadese, come la villa: guarda un po’!), complice evidentemente anche stavolta – basta dare un’occhiata alle diffuse cronache anche recenti che riguardano la coppia, per prendere nota del loro livello d’intesa delinquenziale anche nel passato recente – delle sue malefatte, invero (e se possibile) ancor più meschine, visto lo scarso bottino che si intendeva realizzare in quest’ultimo “colpo”.
A quel punto l’addetta si dedica a me, non prima di aver scosso per almeno una ventina di volta la testa, nel tragitto che ci separa. Non posso evitare di chiederle se per caso il cliente precedente si chiami Lusi, e lei: “Sì, e per l’esattezza ‘avvocato Luigi Lusi’, come mi ha sottolineato continuamente. E pensare che tutto questo casino è per una tacca di benzina, del valore più o meno di 15 euro”. Brevemente le spiego con che razza di galantuomo ha avuto fin lì a che fare, non tralasciando nemmeno di specificare quanto sia stato a corto di soldi negli ultimi anni, e ne ricavo di rimando uno sguardo furente, evidentemente non rivolto a me. “Ecco – aggiunge-, a questo punto mi viene da sbottar di rabbia perché non capisco fra l’altro come abbia fatto a parcheggiare nel nostro spazio riservato e nemmeno chi glielo abbia permesso. Voglio pensare che si sia piazzato qua senza di sua iniziativa, e lo avrà fatto senz’altro per risparmiare i soldi de parcheggio a pagamento che sta duecento metri più in là”, e mi indica la grande “P” azzurra che evidenzia il posto. Per concludere, poi: “In ogni caso, lo sconto non glielo avrei fatto, e a questo punto men che meno. ‘Sto impunito”. Beh, a dire il vero proprio impunito no: Lusi qualche “punizione” – non solo politica ma pure giudiziaria – l’ha già subita, i guai in questo senso non sono certo finiti lì, e per una coppia unita e solidale del genere se ne profilano altri all’orizzonte del nuovo anno e di quelli ulteriori a venire, ben più gravi rispetto a quelli derivanti dal tentativo di svangare il pagamento di una tacca di benzina fatta sparire da un tubo di scappamento preso in affitto. In ogni caso, il comportamento della ragazza dell’autonoleggio mi pare sia da prendere ad esempio per tutti, come buon proposito per l’anno che bussa ormai alle nostre porte: non fargliela più andare liscia, a questa stirpe di buontemponi atti a delinquere mettendo le mani nelle nostre tasche. Che invece dovrebbero (devono) pagare per intero e fino all’ultima goccia, il maltolto che ci hanno troppo facilmente fregato. Promettiamocelo, e sarà già un bel proposito per il 2014.
Due piccole considerazioni, a corollario. La prima: ma cosa ci avrà fatto mai Lusi con un furgone Fiat Ducato Maxi preso a nolo? Ci avrà forse trasportato l’albero di Natale magari regalato (senz’altro, semmai regalato: non ce lo vedo a pagare di suo nemmeno il muschio da metterci all’intorno) dai monaci dell’abbazia di Pereto, splendido paesino ai confini fra Abruzzo e Lazio, dove lui aveva scelto di stare ai domiciliari per meditare e pentirsi dei suoi raggiri? Oppure era altra la funzione, meno commendevole e festivaliera? Mah, magari qualcuno può indagare, e questa valga come segnalazione. La seconda: quando ho riconsegnato il mio, di furgone (quasi gemello, solo un po’ più piccolo), il serbatoio era in riserva, e ho naturalmente accettato la contestazione che ne conseguiva. Non ricordavo però che, in caso di rabbocco a cura del noleggiatore, ci fosse da pagare un sovrapprezzo: 15 euro più Iva, per l’esattezza; ho abbozzato e naturalmente accettato la (diciamocelo) gabella. In fondo, però, ho accettato di buon grado il (salatino) conto finale, servitomi con tanto di aggiunta inaspettata ancorché ingenua da parte mia, in termini di benzina mancante. Gli è che siamo diversi Lusi e io, anche in termini di senso degli affari. E mi va benissimo così; oh, se mi va bene!