E’ morta Marta Marzotto, e la cosa mi ha toccato moltissimo. L’ho conosciuta – posso dire – bene, perché ho curato personalmente il suo ufficio stampa quando ero alla Standa e lei aveva una collezione tutta sua: “Marta da legare”, gioco di parole che testimoniava quanto in effetti matta lo fosse. Giuro che lo era davvero, ma era anche persona di gran cuore. Mi ricordo che quando le dissi che mi stavo separando mi chiese di poter incontrare mia moglie di allora, la ricevette nel suo ufficio e la pregò di ragionare sulla sofferenza che avrebbero vissuto i nostri figli: lei lo sapeva bene, perché ci era passata. Mi ricordo anche una serata nella sua casa di Cortina con le direttrici di Standa: era inverno, volevamo dedicare una serata alle donne, e lei le accolse tutte in quella sua casa splendida, e ancora adesso se penso ai quadri di Guttuso appesa solo apparentemente a caso in bagno non ci credo, come incredibili erano i battibecchi con il cuoco, che lei considerava come un fratello e lui la mandava al Diavolo quando voleva mettere parola sui tempi di cottura della polenta. Quella volta era quasi Natale, Marta volle fare un discorso dal piedistallo dove troneggiava un albero gigantesco, ci andò sopra e franò tutto: io e l’amministratore delegato la prendemmo al volo prima che si spataccasse a terra, e poi non si smetteva di ridere. Me la ricordo pure una volta in aeroporto e abbiamo preso l’aereo per Roma insieme: come bagaglio aveva solo un sacchetto dell’Esselunga con dentro una maglietta e tutti i gioielli che si portava per il viaggio, e non erano solo bijoux. Mi ricordo di una volta che ero in Sardegna, a maggio: lei aveva saputo che c’ero anch’io per il week end e mi aveva telefonato per invitarmi a casa sua ma declinai, ché non mi sembravo adatto. Come non ero adatto per uscire in fotografia e didascalia su una pagina di “Chi” che lei curava sul gossip, e figurarsi se glielo permettevo sapendolo prima: non ero solo e sembravo un ridicolo parvenù; non gliel’ho perdonata allora, ma posso farlo adesso: sono passati vent’anni e la nequizia è caduta abbondantemente in prescrizione. Marta era dolcissima oltre che matta, e camminava su questa terra come se fosse una spanna sopra, passata naturalmente dall’essere mondina in gioventù a “contessa” in un niente perché è stata davvero questa la sua parabola, in mezzo a tante altre cose incredibili. E’ per questo suo esserci sopra lieve che sono sicuro del fatto che la terra che incontrerà adesso le sarà ancora: lieve e anche leggera. Non può essere altrimenti, per una donna che nessuno è riuscito davvero a legare, libera com’era. Di spirito e di corpo.