Mi capita spesso di passare davanti a una palazzone sede della Croce Rossa, sulla strada che da Novegro porta a Milano e viceversa. A tutte le ore ci vedo entrare e uscire ragazzi di colore: credo sia un centro di raccolta di migranti, certamente assistiti in maniera più che decorosa come è testimoniato dai murales esterni che non lasciano dubbi sul carattere umanitario del luogo.
Il ragazzo che staziona a giorni alterni davanti all’edicola nel quartiere dove abito – non chiedendo niente, affidandosi solo (come si dice in questi casi) “al buon cuore” dei passanti – esce da lì: per venire fin qua si fa dieci chilometri a piedi (fra andata e ritorno) quando non ha i soldi per l’autobus, altrimenti non ci sale. Me lo ha detto lui, e ci credo.
E’ che siamo diventati “amici”, da qualche tempo. Visto lo spolverino leggero che indossava al freddo sottozero, una mattina gli ho portato un giubbotto: il suo sorriso mi ha aiutato a sentirmi un occidentale un po’ meno colpevole, e so benissimo da solo quanto sia ipocrita il solo pensarlo. Qualche tempo dopo mi ha fermato timidamente: gli tremavano le mani, e forse non solo per il freddo: mi ha messo in mano un foglio, il suo curriculum vitae. Mi ha chiesto però di fare una fotocopia, che quello era l’ultima. Ne ho fatto un po’ e gliele ho date, conservando “l’originale”.
Lo leggo, ed ecco – in sintesi – cosa dice il cv, documento cartaceo che non porta tracce della sofferenza patita per arrivare fino a me. Kelly viene dalla Nigeria, ha 34 anni e vanta una laurea in ingegneria meccanica. Oltre alla sua lingua madre e all’italiano e parla anche l’inglese, ha la patente e da noi ha già fatto il magazziniere in una catena di supermercati e il cameriere. Vanta “ottime capacità relazionali e di apprendimento” e una grande “predisposizione a lavorare in team”. E’ disponibile immediatamente per un colloquio e si dice pronto a lavorare a turni o a giornata come “badante, cameriere, aiuto cucina, lavapiatti, pulizia scale e altro”: termine finale che immagino spazi nell’ovunque lo possa aiutare a raggiungere un livello di vita quantomeno dignitoso. Non manca nemmeno il recapito telefonico.
Prima di salutarci mi ha sorriso un’altra volta e detto – davvero in ottimo italiano – di non perdere quel foglio, e che qualsiasi cosa potevo fare lui mi ringraziava in anticipo. Qui adesso sto mantenendo in parte la promessa, e se qualcuno ha altre idee, consigli o segni concreti di solidarietà e aiuto da dare a Kelly me lo può far sapere. Facilmente.