4 marzo 2013
Dopo un primo tempo da pena totale, capace di farmi rimembrare momenti nefasti delle mie Inter passate peggiori – ce ne sono state, ahimé, nell’ormai lunga carriera di tifoso a tutto cuore – mi accingevo comunque a bere l’amaro calice fino in fondo decidendo di non negarmi il proseguo del probabile ulteriore orrendo spettacolo e sorbirmi così anche la seconda frazione di gioco in quel del Cibali (che mi era sfuggito avessero intitolato a quel cervello fine di Massimino, e quando succedono di queste cose penso che al peggio e al senso del ridicolo sembra davvero non esserci mai fine).
Compivo quest’atto di cieco amore comunque convinto che le nequizie non fossero finite, e che se perseguite per altri 45’ avrebbero potuto diventare anche foriere di crisi totale, certificate magari nei giorni a venire da rimozioni, alcune che avrei voluto assolutamente evitare (quella di Stramaccioni, che sarò pazzo, ma mi piace assai) e altre che invece mi sogno anche di notte e che invece non arrivano mai.
Non è difficile, in questo secondo caso, cogliere l’allusione a giganti del compro-vendo pallonaro nerazzurro del calibro di Branca e Ausilio, e servisse solo una sconfitta ancora per vederli appiedati in cerca di nuovo accasamento professionale in lidi calcistici altrui ci farei la firma. Ma siccome la loro buona stella sembra voler continuare a brillare ancora contro ogni logica (si spegnerà, prima o poi: io ci credo), una serie di concomitanze prontamente avvenivano, e la giornata sembrava svoltare in maniera del tutto inattesa.
Io fisso il momento esatto in questione allorquando Bergessio – a proposito: ma ha sempre picchiato così, come un fabbro ferraio? – sbagliava clamorosamente la terza segnatura, un po’ per demerito suo e molto per bravura del nostro Handy, che già nel cognome si porta appresso il destino benevolo che si ritrova nelle mani (anche se espressa in inglese e non in sloveno). A quel punto mi son detto che se il fato positivo ha un senso, da quel momento avrebbe fatto capolino dalle nostre parti, e così è stato. Gran parte del merito va a Don Rodrigo, che a messo a sedere i seppur bravi isolani in tre-giocate-tre: prima impreziosendo la giornata triste (un’altra, l’ennesima) di un Alvarez fino a quel momento impalpabile come un borotalco Robert’s con un assist che forse avrei inzuccato in rete anch’io, poi dando lui medesimo scacco matto in due sole altre mosse, e che non se ne parli più. O che si cominci a farlo, invece.
Per esempio, che si parli di come sia stato bravo il nostro mister a capire che Palacio andava tenuto buono e in serbo per la seconda parte lasciando che gli avversari – pur se avanti fin troppo: due reti erano francamente inattese – si scaricassero mentalmente e fisicamente (alla fine è successo) per metter dentro il trottolino argentino bello fresco e cavalcare verso l’impresa. Il tuto, fra l’altro, disponendo noi davanti solo di lui, visto che Livaja veste di nerazzurro in altra sponda (e bene: grazie sempre al duo Brausilio), che Rocchi – ma qualcuno si ricorda una sua intervista tv quando era ancora all’Empoli e sognava di andare a giocare nella sua squadra del cuore, il Milan? Io sì… – messo atleticamente così male non è in grado di reggere il confronto nemmeno con il se stesso di tre anni fa (di nuovo sentiti ringraziamenti agli stessi) e che Cassano si sta di nuovo perdendo dietro e davanti ai suoi fantasmi caratteriali (qui già si parla di un suo addio a giugno: non credo, ma se succede immagino già che altro affarone faremo e che fieno metteremo in cascina). Bravo Stramaccioni a risparmiare fino quando possibile anche Cambiasso – altra mossa di genio e risolutiva, soprattutto sul filo di lana – alla luce di infortuni, defezioni, squalifiche e chi più ne ha più ne metta (compresa la sparizione di Kovacic: qualcuna mi spiega in maniera credibile come mai?), e anche in un’ottica di risparmio complessivo delle forze, ché giovedì siamo già di scena a Londra, prima di impegnarsi nel superare – il prossimo fine settimana – il Milan e tornare là in alto dove più ci compete (altra cosa in cui credo).
Insomma, rispetto a tutto il casino che solo un mese fa ci metteva sullo stesso piano di una squadretta qualunque e senza prospettive, siamo in zona Champions in maniera franca, e i prossimi impegni non sembrano nemmeno proibitivi ma molto alla portata sia in Campionato che nelle Coppe, italiane ed europee. E magari prima o poi torna fra noi a furor sempre più di popolo anche il Piper Oriali: un rientro in scena con uscita di altri dalla porta di servizio che mi godrei volentieri. Tanto per capirci, alla fin fine: com’è che a noi non succede mai di annoiarci?
Niente di clamoroso al Cibali, dunque. Clamorosa la mia vecchia Cimbali, invece, mentre preparavo il caffè: è scoppiata all’improvviso, esattamente al 92’ st di Catania-Inter, più o meno alle 16 e 50 di ieri. Lei per usura professionale, io per gioia sportiva. Succede quando si è vecchie caffettiere, e anche interisti di provata fede.